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Sebastião Salgado: i 5 migliori libri fotografici del grande maestro del bianco e nero



Potrei descrivere le immagini create da Sebastião Salgado usando solo tre parole: potenti, mistiche, dense. Delle tre, quella in cui più mi ritrovo è proprio l’ultima. Le fotografie di Salgado trasudano un’incontenibile emozione, un significato così intenso e a volte greve da lasciarti senza fiato.

 

Indice dei libri di Sebastião Salgado recensiti in questo articolo

 


Sebastião Salgado : dall'infanzia in Brasile agli studi in Francia


Sebastião Salgado nasce in Brasile, l'8 febbraio del 1944, da una coppia di gente perbene, instancabili lavoratori della terra nella fazenda di famiglia situata nella regione del Minas Gerais.


Il giovane Sebastião trascorre così l’intera infanzia a contatto con la natura, arrampicandosi sugli alberi della foresta pluviale che circondava la proprietà e imparando a conoscere la fauna tipica dei dintorni. Negli anni, però, le sue ambizioni cambiano. La fattoria inizia a stargli un po’ stretta, sente il bisogno di avventurarsi nella città e di esplorare altri mondi.

Si iscrive alla facoltà di Economia dell’Università di San Paolo, dove ottiene un Master nel 1968. L’anno successivo si trasferisce a Parigi per proseguire gli studi, e lì rimane fino al 1971 – anno in cui conclude il suo Dottorato in Economia e Statistica. Non c’è nessuna traccia della fotografia nella sua vita, almeno fino a questo momento.


Le cose cambiano quando Salgado inizia a lavorare per l’Organizzazione Internazionale del Caffè, qualche mese più tardi. I frequenti viaggi in Africa che il suo ruolo prevede lo portano inevitabilmente a contatto con realtà difficili, a tratti disperate, ben lontane da quelle è abituato a vivere in quel di Parigi. L’estrema povertà di alcune aree del continente, le guerre che lacerano l’intero Paese, lo sfruttamento delle popolazioni e i genocidi di cui nessuno parla lo scuotono a tal punto da spingerlo ad abbandonare il lavoro per dedicarsi ad aiutare il prossimo. Come? Attraverso la fotografia.


Salgado è un autodidatta, non ha mai frequentato scuole o corsi dedicati alle arti visive. Inizia a scattare durante i suoi viaggi, per hobby, ma presto si rende conto che la fotografia è il mezzo secondo lui più adatto per dare voce a persone in difficoltà e situazioni drammatiche, dimenticate persino da dio. È a quel punto che dà le dimissioni, imbraccia la sua Leica 35mm e comincia un personale pellegrinaggio intorno al mondo.


Africa, Brasile, Amazzonia, America Latina: nel corso dei suoi 40 anni di carriera come fotografo, Salgado visiterà oltre 35 Paesi. I continenti che tocca sono molto diversi tra di loro, ma le problematiche che li affliggono sono esattamente le stesse. Guerre, genocidi, persecuzioni, sfruttamento dei lavoratori e della Terra, povertà e decadimento. La missione di Salgado è restituire la dignità e una voce ai migranti, agli schiavi, alle vittime e agli ultimi, perché ogni vita è preziosa e merita di essere vissuta.


Nei libri fotografici di cui sto per parlarti troverai centinaia di immagini scattate dal fotografo brasiliano in ogni parte del mondo. La potenza dei suoi scatti viene sublimata dall’utilizzo del bianco e nero, tratto distintivo dello stile di Salgado, che conferisce alle foto quella dimensione onirica e mistica che altrimenti si perderebbe tra le mille sfumature di colore.


L’essenzialità del bianco e nero costringe lo spettatore a concentrarsi sul soggetto. Alcuni volti vengono induriti dalle ombre scure ma, per contro, la luce che traspare dagli occhi dei protagonisti dei suoi scatti diventa ancora più brillante. È tutto un gioco di equilibrio tra opposti: luce e ombra, chiaro e scuro, distruzione e speranza.




Sebastião Salgado : i libri



È uno degli ultimi libri fotografici pubblicati dall’artista, frutto di un emozionante

viaggio ai confini del mondo durato ben otto anni. L’idea alla base di Genesi è quella di documentare il cambiamento climatico e gli effetti che quest’ultimo ha sull’ambiente, sulla fauna e sulle tribù aborigene più remote. Questi scatti, però, sono anche un’intensa dichiarazione d’amore che l’artista fa al nostro pianeta.


Fino ad allora, l’unico animale che avevo fotografato era stato l’uomo: era arrivato il momento di immortalare tutti gli altri animali. Volevo fotografare panorami ma anche lo stesso uomo in ciò che era all’origine, cioè immerso nella natura.”

Il libro è diviso in cinque parti, ognuna legata a una particolare area geografica. Si comincia con i confini del Sud, per poi proseguire verso i Santuari, l’Africa, le Terre del Nord, l’Amazzonia e il Pantanal. 520 pagine ricche di fotografie a pagina intera o doppia, stampate con una qualità sopraffina capace di farti apprezzare ogni singolo dettaglio.

Circa il 46 % della superficie della Terra si trova ancora in uno stato molto simile a quello della Genesi. Dovremmo fare di tutto per tutelarlo”, sostiene Salgado. È proprio questo lo scopo finale del libro: smuovere le coscienze e aprire gli occhi del resto del mondo.





Questo libro è piuttosto particolare. Non viene dalle mani di Salgado, ma da quelle di una giornalista francese di nome Isabelle Francq che ha raccolto all’interno del volume decine di riflessioni scritte di pugno dal fotografo brasiliano. Centosessanta pagine in cui Salgado ci racconta il suo punto di vista sui Paesi, le persone e le situazioni che ha vissuto durante i suoi viaggi intorno al mondo: dal Ruanda all’Antartide, passando per l’India fino ad arrivare al suo amato Brasile.

Guardare una foto di Salgado non vuol dire solo fare l’incontro dell’altro, ma anche incontrare se stessi. Vuol dire fare esperienza della dignità umana, capire ciò che significa essere una donna, un uomo, un bambino. Probabilmente Sebastião nutre un amore profondo verso le persone che fotografa, altrimenti come potremmo sentirle così presenti, vive e fiduciose?”, afferma Isabelle Francq.

L’intento della giornalista era proprio quello di far conoscere al pubblico l’uomo oltre al fotografo, dare voce alla sua storia personale e alle sue idee, oltre che alle sue fotografie. È un po’ quello che succede con Il sale della terra, splendido documentario girato da Wim Wenders che ci mostra un Salgado inedito, che dà voce al suo mondo interiore.




Quest’opera è interamente dedicata ai lavoratori. È un ritratto degli “ultimi”, costretti a lavorare in condizioni terribili per guadagnare qualche soldo con cui sostenere le relative famiglie. All’interno del volume troverai fotografie incredibili come quella della Serra Pelada, la più grande miniera d’oro del Brasile.

Arrivando sul ciglio di questo immenso buco mi è venuta la pelle d’oca, non avevo mai visto una situazione del genere. In poche frazioni di secondo mi si è aperta davanti la storia dell’Umanità: la storia della costruzione delle Piramidi, della Torre di Babele, delle miniere di Re Salomone. Non si sentiva il suono di una sola macchina là dentro. Si sentiva solo il mormorio di 50.000 persone in un enorme buco. Le conversazioni, i rumori, le voci umane mischiate ai suoni del lavoro manuale… sono davvero tornato all’alba dei tempi. Percepivo il mormorio dell’oro nell’anima di tutta quella gente”, afferma Salgado.

“La mano dell’uomo” è una raccolta di 350 fotografie capaci di toccare le corde più profonde dell’anima, trasportandoti in un viaggio per cui non saresti mai partito di tua spontanea volontà.




Si tratta forse del progetto più intenso, difficile ed emotivamente complesso che Salgado abbia mai concepito. I protagonisti di questo volume i migranti, costretti a fuggire dai loro Paesi d’origine per i motivi più svariati: conflitti, persecuzioni, genocidi, povertà estrema. Cosa li accomuna? La speranza di costruirsi una vita migliore e degna di questo nome.

Il fotografo brasiliano ha ritratto persone provenienti da 35 nazioni diverse per le strade e nei campi di rifugiati sparsi per il mondo, tentando di attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti oppure cercando di fuggire dalla Russia antisemita. E che dire dei disperati tentativi dei kosovari di entrare in Albania per chiedere asilo, o ancora dei rifugiati del Ruanda e dei subsahariani che tuttora attraversano il Mediterraneo per cercare la salvezza in Europa.

Le immagini sono forti, in alcuni casi strazianti. Ci mettono di fronte alla realtà del fenomeno migratorio, fatto di persone in carne e ossa come noi, un fenomeno che ci riguarda più da vicino di quel che possiamo pensare.

Davanti a questi corpi segnati da innumerevoli cicatrici e alle migliaia di piedi scalzi consumati dal calore dell’asfalto, è necessario andare oltre la compassione e iniziare invece ad adattare le nostre abitudini politiche, economiche e ambientali a un nuovo regime di convivenza”, sostiene Salgado.




Come avrai intuito, il continente africano ha scosso profondamente l’animo del fotografo brasiliano fin dall’inizio, da quei primi viaggi di lavoro effettuati per conto dell’Organizzazione Internazionale del Caffè. C’era da aspettarsi, perciò, che le immagini scattate in più di 30 anni di pellegrinaggi in questa parte di mondo venissero raccolte in un volume dal titolo Africa.

Il libro è diviso in tre parti, ognuna dedicata a una particolare regione: si inizia dal Sud (Mozambico, Malawi, Namibia, Zimbabwe, Angola e Sudafrica) per poi proseguire verso i Grandi Laghi (Burundi, Congo, Kenya, Tanzania, Uganda, Ruanda) e terminare nell’Africa Subsahariana (Mali, Sudan, Mauritania, Etiopia, Chad). Africa è un omaggio alle tribù locali, ai Dinka del Sudan e agli Himba della Namibia, ma anche ai gorilla, alle zebre, ai bufali e ai paesaggi incredibili di questa terra meravigliosa.


So che l’ho già detto, ma voglio ripeterlo ancora una volta. Se gli scatti di Salgado ti hanno colpito, se vuoi conoscere meglio l’uomo oltre al fotografo, dai un’occhiata al documentario Il sale della terra: potrai vedere con i tuoi occhi il viaggio che il fotografo ha compiuto dentro e fuori di sé.

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